Non è una novità che siamo immersi in un mare di stimoli digitali, sempre alla ricerca di gratificazioni immediate. Questo continuo bisogno di “di più e di altro” ci rende dipendenti, anche se spesso ci illudiamo di essere sazi e indipendenti. In realtà, ogni volta che siamo lontani dal nostro smartphone per più di pochi minuti, sentiamo una sorta di astinenza. Questo fenomeno ci ha portato ad accettare passivamente come normale la bulimia informativa, che ci impedisce di apprezzare veramente il quotidiano.
Idolatriamo l’efficienza, la velocità e la capacità di produrre risultati tangibili e misurabili. In alcuni casi, efficienza e produttività sono essenziali, ma quando questi valori diventano preponderanti, tendiamo a sacrificare qualità, creatività e benessere in nome della compulsività. È qui che entra in gioco l’importanza di riscoprire una vita normale, centrata e consapevole, non sempre alla ricerca di altro.
Il concetto di quello che voglio passarvi, si riferisce a un’esistenza normale, non rifiutando la tecnologia ma vivendola con intenzionalità. Non rinunciamo a produrre e creare, ma scegliamo di farlo in modo conscio e sano. Scegliere la normalità e la profondità in un’economia dell’eccesso e della superficialità è una dichiarazione di indipendenza. Ma come possiamo applicare questa filosofia nella nostra vita quotidiana?
Un obiettivo del genere passa per principi di buonsenso, primo fra tutti l’autoaccettazione. Dobbiamo accettare che siamo esseri in continua evoluzione, con errori e debolezze, ma anche con una forza e capacità uniche. Chi è a proprio agio con sé stesso è meno manipolabile dal marketing incessante che ci dice “dovresti essere diverso”. Essere in pace con la propria immagine ci aiuta a gestire meglio i nostri impulsi e a ridurre la “fame” di distrazioni.
Accettarsi non è sempre facile, specialmente se desideriamo migliorare la nostra condizione attuale. Tuttavia, lo sforzo risiede nel bilanciare il desiderio di crescita con l’accettazione del proprio stato attuale. Essere il “mentore gentile” di sé stessi, piuttosto che un maestro severo, ci aiuta a responsabilizzarci e a evitare di vivere nel rancore.
Riscoprire l’importanza del tempo, delle piccole cose, dell’attesa e della contemplazione è essenziale. L’ozio, spesso visto come qualcosa di negativo, è in realtà fondamentale per rigenerare le risorse mentali e stabilire nuove connessioni neurali. Solo fermandoci possiamo sviluppare nuove prospettive e affrontare i problemi con creatività e immaginazione.
La frenesia e la compulsività ci rendono simili ad automi, perfetti per un’esistenza da catena di montaggio. Vivere inseguendo stimoli irrealistici ci trasforma in esseri sempre alla ricerca di qualcosa che non abbiamo. Questo stile di vita ci rende incapaci di fermarci e approfondire, portandoci a una crescente infelicità e frustrazione.
Per invertire questa tendenza, dobbiamo fermarci più spesso, riscoprendo una consapevolezza “orientale” del presente. Accettare i momenti di stop, di noia e di “meno” è fondamentale. Non dobbiamo riempire ogni vuoto con stimoli elettronici, ma imparare a convivere con i momenti di tranquillità. Non è facile, ma è necessario.
Riscoprire il potere terapeutico della normalità significa vivere una vita più consapevole e soddisfacente. In un mondo che ci spinge verso la continua ricerca di stimoli e gratificazioni immediate, scegliere la profondità e la consapevolezza è una sfida, ma una sfida necessaria. Accettarsi, riappropriarsi del proprio tempo e combattere la frenesia sono passi essenziali per vivere una vita più equilibrata e felice. La normalità, in questo contesto, diventa un rifugio e una risorsa preziosa, un modo per ritrovare sé stessi e vivere in armonia con il mondo che ci circonda.