Quante volte ci siamo sorpresi a sognare di avere più ore nella giornata, immaginando tutto ciò che potremmo fare se solo avessimo quel tempo in più che sembra sempre mancarci? Eppure, in un’epoca dove l’essere sempre “occupati” viene spesso visto come simbolo di importanza e successo, ci si potrebbe chiedere se davvero desideriamo più tempo, o se invece abbiamo bisogno di imparare a vivere diversamente quello che già abbiamo.
La riflessione che “utilizzo questa mancanza [di tempo] come un alibi per non fare delle cose importanti per me” ci apre gli occhi su una verità scomoda ma liberatoria: non è tanto il tempo a mancarci, ma piuttosto la capacità di utilizzarlo in modo che rispecchi ciò che realmente desideriamo e ciò di cui abbiamo bisogno. In un certo senso, riempire ogni momento della nostra giornata diventa una strategia per evitare di confrontarci con domande più profonde su di noi e sul significato della nostra esistenza.
Jon Kabat-Zinn ci ricorda che il vero ostacolo potrebbe non essere la mancanza di tempo, ma la paura di trovarci faccia a faccia con il vuoto che si crea quando smettiamo di fare, quando ci “installiamo nel presente”. Questa paura del vuoto, della solitudine, dell’inattività, spesso ci spinge a riempire ogni spazio, a temere i momenti di pausa come se fossero sinonimo di perdita o di fallimento.
Eppure, è proprio in questi spazi di apparente “non fare” che si nascondono le opportunità più grandi per il nostro benessere e la nostra crescita personale. Fermarsi, anche solo per tre minuti, per respirare e ritornare presenti a noi stessi, può aprire le porte a intuizioni preziose, permettendoci di rispondere con maggiore precisione ai nostri bisogni, di fare ordine tra le priorità e di ritrovare lucidità.
Immaginiamo, quindi, di avere a disposizione questa fetta di tempo supplementare. La domanda da porsi non è tanto “cosa farei?” ma piuttosto “come vorrei *essere* in questo tempo?” La differenza è sottile ma fondamentale: sposta il focus dal fare all’essere, invitandoci a riflettere sulle qualità che desideriamo coltivare nella nostra vita, sulle persone che vogliamo diventare.
Farsi questa domanda significa anche riconoscere che, per nutrire il nostro “bambino interiore”, per rispondere alle nostre aspirazioni più profonde, non abbiamo sempre bisogno di più tempo ma, piuttosto, di un tempo vissuto con maggiore consapevolezza e intenzionalità. Significa decidere di abitare le nostre giornate non come spettatori passivi ma come creatori attivi del nostro vissuto.
Quindi, anziché attendere un futuro in cui magicamente disporremo di più tempo, possiamo scegliere di trasformare il tempo presente in spazio: spazio per respirare, per sentire, per essere. Questo cambiamento di prospettiva ci permette di vivere più pienamente, di apprezzare ogni momento e di fare scelte che risuonano veramente con ciò che siamo e desideriamo essere.
In fondo, il tempo più prezioso è quello che scegliamo di dare a noi stessi, consapevolmente e con amore, per scoprire e nutrire ciò che realmente conta.